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Martedì, 19 Febbraio 2008 14:38

Solo la laicità salva le religioni

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II 19 maggio, l’Algeria, che una volta si voleva
Paese laico, ha emesso un nuovo decreto contro l’esercizio dei culti non
musulmani, cioè contro il cristianesimo. Il decreto, reso pubblico il 4 giugno,
«fissa le condizioni e modalità dello sviluppo delle manifestazioni religiose
dei culti altri che il musulmano». Un decreto chiaramente contrario alla
libertà di coscienza.

Già nel 2006, il 28 febbraio, il 24 e 25 maggio, alcune
ordinanze o decreti avevano preparato la via a questo documento ufficiale. Una
manifestazione religiosa è un raduno momentaneo di persone organizzato da
associazioni in edifici accessibili al pubblico; deve essere sottomessa al wali
(governatore) almeno cinque giorni prima. Deve includere nomi e domicili degli
organizzatori, essere firmata da tre di loro, indicare lo scopo dell’incontro,
la sede dell’associazione che l’organizza, luogo, giorno, ora e durata, il numero
dei partecipanti, il modo di assicurare il sereno sviluppo del raduno fino alla
dispersione dei partecipanti, ecc. Se c’è «pericolo per la salvaguarda
dell’opinione pubblica», le autorità possono negare il permesso.

In pratica, sarà impossibile organizzare una
manifestazione e ottenerne il permesso. Inoltre, chiunque cerca di convertire
un musulmano a un’altra religione può essere condannato a cinque anni di
prigione e a una multa fino a 10 mila euro. Anzi, chiunque «fabbrica o
distribuisce libri o riviste o video ecc. allo scopo di indebolire la fede
musulmana» subisce le stesse pene. Invece convertire un cristiano all’islam è
un atto lodevole.

Si dice
che questo decreto non sia contro i cattolici (10 mila su 33 milioni in
Algeria), ma contro i nuovi gruppi protestanti che fanno proselitismo. Sarà
probabile. Non di meno è inaccettabile. Ogni persona ha diritto di fare
propaganda per le sue idee. Certo, tutti siamo invitati a rispettare l’altro, a
non aggredirlo, forse ideologicamente. Ma proclamare la propria convinzione è
un diritto fondamentale. Mi domando spesso se non ci sia anche un diritto a
proteggere la propria cultura. E la religione appartiene alla cultura di un
popolo. In questo senso, il decreto algerino mira a proteggere la cultura musulmana
del Paese. Per lo stesso motivo, la Malaysia ritiene che ogni malay è - per
natura sua, si potrebbe dire - musulmano. Perciò un malaysiano non può
convertirsi al cristianesimo. Cito il caso di Lina Joy, malaysiana diventata
cristiana senza che nessuno l’abbia evangelizzata: ha potuto cambiare nome
sulla sua carta d’identità, ma sullo stesso documento non ha potuto mutare
religione (M.M., ottobre 2006, p. 19). E i guardiani della sharia hanno detto
che se vuole essere cristiana può emigrare, ma se vuole rimanere nel Paese non
può cambiare religione.

Il fatto
evidenzia il conflitto tra legge islamica, che proibisce le conversioni, e
Costituzione civile, che garantisce la libertà di religione. Il 7 giugno
scorso, a un dibattito pubblico organizzato dal Democratic Action Party in
presenza di oltre 600 persone, il professor Azmin Sharom ha concluso così il
suo discorso: «Solo la laicità dello Stato può proteggere tutte le religioni».
Gli ha risposto Yusri Mohamad, presidente del Muslim Youth Movement of Malaysia:
«Il rispetto dell’islam viene prima di ogni possibile dialogo». 

Proprio questo è il problema: quale dei due diritti è
superiore? Quello della persona umana, libera di fare le proprie scelte anche
religiose, o quello della comunità di proteggere la propria cultura, vietando
la conversione religiosa?

La risposta del mondo musulmano è argomentata sul
fatto che la comunità ha priorità sull’individuo. Questa era anche la risposta
dei cristiani fino all’epoca moderna, che si appoggiava ad argomenti teologici:
la difesa del gruppo, e dell’identità del gruppo, prevale su quella
dell’individuo.

Oggi
vari studiosi del diritto naturale pongono la domanda se la difesa della
cultura di gruppo non sia un «diritto naturale», alla pari con il diritto alla
libertà religiosa. Se la cultura del gruppo prevale sulla libertà personale, si
dovrebbe dire che l’Europa non ha più una cultura da difendere! Rimango
convinto che la libertà personale sia caratteristica dell’ingresso nella
modernità. E sono d’accordo con il professor Sharom nel dire che solo la
laicità protegge la persona e salva le religioni.

di Samir
Khalil Samir

Gesuita e islamologo

Mondo e Missione / Agosto-Settembre
2007

Letto 1648 volte Ultima modifica il Giovedì, 27 Marzo 2008 00:10

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