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Domenica, 27 Marzo 2016 09:11

Pasqua 2016

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Una pietra.

 

Una modesta pietra abbandonata in mezzo alla strada.

Forse rotolata giù dal fianco scosceso della montagna dopo giorni di forte pioggia. Una pietra in cui inciampare e cadere. Sbucciandosi le ginocchia ed i palmi delle mani. Il viandante non l'ha notata sul proprio cammino. Era distratto o guardava lontano, verso la linea dell'orizzonte. O era troppo preso nei propri pensieri. Nelle fatiche del suo perenne andare.

Un sasso stretto nella mano – pronto per essere scagliato. Per difesa o per colpire. Per lapidare – l'altro, l'estraneo, l'eretico, il colpevole. Il peccatore... Un lancio di pietre per punire adultere ed assassini. Restando confusi nel ventre d'un branco assetato di vendette.Pietre macchiate di sangue – ancor prima d'essere lanciate. Appesantite dall'odio e dalla violenza. Dalla cieca follia dei linciatori d'ogni tempo.

Un sassolino piatto – ben levigato dai venti e dalle acque. Un ciottolo di fiume o di mare. Mezzo sepolto tra la rena. Una pietruzza con cui giocare sulle rive. Lanciata con tutte le forze a pelo d'acqua – facendola rimbalzare sulla superficie. E contandone i salti fino all'ultimo – quando la spinta viene meno ed affonda lasciando l'esile traccia d'un piccolo cerchio. Un gioco da rinnovare per intere ore con un paio d'amici in un tardo pomeriggio d'estate. Per chi a rimbalzello fa più salti o fa giungere la pietra più lontano o riesce a compiere il salto più alto – più ampio...

Una fitta di dolore al fianco. Un calcolo renale. Un fastidioso deposito di calcio o di fosfato nei reni e nelle vie urinarie. Con coliche che provocano una sofferenza con pochi eguali. Da sgretolare con l'ausilio d'onde d'urto. O, nei casi più gravi, con un intervento chirurgico.

Una pietra posta come testata d'angolo nella costruzione della propria casa. A lungo ritenuta di seconda scelta – ma che, inaspettatamente, trova posto nel cantone vertiginoso delle fondamenta. Ed è una meraviglia da ammirare tra il ruvido alternarsi delle lastre.

Una pietra dura – finemente tagliata. E commessa in un gioco d'incastri. Un'ametista o un lapislazzuli. Pronta per una pittura di pietra dalle tonalità cromatiche perfettamente corrispondenti. Forse smarrita in una pozza di fango. O un blocco di marmo – da scalpellare e limare per liberare le figure imprigionate nelle sue vene. Un Mosè che possa pronunciare nuove parole – l'amore alato che teneramente contempla il volto dell'amata – il dolore misurato della madre stretta al figlio morto...

Una pietra nera – caduta dal cielo. Forse un aerolito – oscurato dal peccato degli uomini – o l'occhio d'un angelo che scruta il procedere dei pellegrini. Rocce che si spezzano – come un velo lacerato. Pietre che gridano – di fronte ai silenzi degli ignavi, alla pigrizia degli inetti e alle apatie di ventri pingui. Pietre vive da adoperare per una nuova costruzione.

E per l'elisir di lunga vita, la pietra dei filosofi – capace di ristabilire dalla corruzione della materia. Per una conoscenza assoluta – per penetrare nei meandri del bene e del male. Per trasformare in oro lucente la grezza argilla – per passare attraverso il passato ed il futuro. Per guarire da ogni malattia – e giungere ai giorni senza tramonto.

La pietra – quella rotolata via dal sepolcro.


Fausto Ferrari


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Letto 1737 volte Ultima modifica il Domenica, 27 Marzo 2016 20:02

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