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Martedì, 01 Novembre 2016 09:51

Quella mors turpissima crucis che il Padre non voleva. Capitolo 1 §1 (Marco Galloni)

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La teoria della soddisfazione di Anselmo d’Aosta è spesso considerata un po’ come la madre di tutti gli equivoci in materia di soteriologia cristiana, la causa principale, se non addirittura l’unica, di ogni errore e fraintendimento.

CAPITOLO I

La teoria anselmiana della soddisfazione o dell’espiazione vicaria: critiche, stroncature e rivalutazioni

La teoria della soddisfazione di Anselmo d’Aosta è spesso considerata un po’ come la madre di tutti gli equivoci in materia di soteriologia cristiana, la causa principale, se non addirittura l’unica, di ogni errore e fraintendimento. Nicola Albanesi, autore di un eccellente studio sulla logica della redenzione in Anselmo, scrive quanto segue: «Secondo i critici più accesi la teoria anselmiana conterrebbe tutta una serie di “contraddizioni e assurdità” da mettere in una “luce sinistra” l’immagine di Dio, “deformando” il dato biblico sul mistero della redenzione» (1). Anche Joseph Ratzinger parla di «luce sinistra». Pur precisando che la visione di Anselmo non va grossolanamente identificata con certe versioni semplificatrici (2), Ratzinger afferma: «[...] Non si può d’altra parte negare che il sistema giuridico divino-umano e perfettamente logico, escogitato da Anselmo, alteri le prospettive, finendo magari con la sua ferrea logica per mettere in una luce sinistra l’immagine di Dio» (3).

La teoria della soddisfazione o dell’espiazione vicaria è il tema centrale del Cur Deus homo, che insieme alla Epistola de Incarnatione Verbi e alla Meditatio redemptionis humanae è una delle opere in cui l’arcivescovo di Canterbury si inoltra più profondamente nel mistero dell’incarnazione del Verbo e della redenzione dell’umanità (4). Così la sintetizza - in maniera quantomai cruda, per evidenziarne gli aspetti scabrosi – Giovanni Deiana: «Dio era stato offeso dall’uomo e quindi doveva essere risarcito; i sacrifici non erano sufficienti e soltanto la morte in croce di Cristo ha realizzato la piena soddisfazione delle esigenze di Dio. Gesù, infatti, morendo in croce per obbedienza al Padre ha meritato dal Padre l’adeguata ricompensa, che il Figlio ha trasferito a noi. In pratica Cristo, che ha sofferto senza aver peccato, ha acquisito dei meriti che egli ha devoluto a noi peccatori: per i meriti di Cristo, Dio ci perdona i peccati. Quest’opera salvifica, di conseguenza, trova il momento culminante nella morte intesa come espiazione vicaria, ossia sostitutiva: Gesù si è sostituito a noi nel ricevere la punizione per i peccati» (5).

Deiana riconosce alla teoria anselmiana il merito di evidenziare la gravità del peccato; per contro essa fornirebbe un’immagine di Dio terrificante quanto contraddittoria: terrificante perché Dio, pur di soddisfare il suo bisogno di giustizia, non fa sconti a nessuno, neanche al suo unico Figlio innocente; contraddittoria perché il Padre, mentre esige dal fedele una capacità di perdono pressoché illimitata, si rivela inflessibile nel far pagare ogni offesa (6).

§1. Cur Deus homo, il primo trattato di soteriologia sistematica

È evidente che una teoria del genere, soprattutto se esposta nei termini utilizzati da Deiana, risulta oggi del tutto inaccettabile. Ma la dottrina dell’espiazione vicaria dice davvero questo, solo questo? Evidentemente no. Altrimenti come avrebbe potuto il Cur Deus homo, che gli specialisti considerano il primo trattato sistematico di soteriologia cristiana (7), avere l’influenza che ha esercitato sul pensiero occidentale? Riguardo all’importanza di questo trattato (e di un’altra opera anselmiana, il Proslogion) Paul Gilbert scrive: «Gli argomenti principali di questi due testi hanno poi avuto una influenza non indifferente nella storia del pensiero occidentale, tanto filosofico quanto teologico. Pensiamo solo al celeberrimo “argomento” filosofico che Kant ha chiamato “ontologico” e di cui i commentatori attribuiscono la paternità ad Anselmo, un po’ frettolosamente e senza le necessarie sfumature, per dire la verità; oppure all’argomento teologico sulla modalità della salvezza, il tema, centrale nel Cur Deus homo, del sacrificio dovuto» (8). Secondo N. Albanesi non esiste praticamente filosofo o teologo che abbia ignorato i - o non abbia preso posizione nei confronti dei – due argomenti anselmiani più conosciuti, che sono per l’appunto la prova ontologica dell’esistenza di Dio e la dottrina della satisfactio (9).

Insomma: la teoria anselmiana, che pure è stata di volta in volta accusata di «estrinsecismo, giuridicismo esasperato, formalismo, oggettivismo a-storico» (10) e di chissà cos’altro, è di gran lunga più profonda, elegante e feconda di quanto appaia da certe versioni semplicistiche e riduttive, spesso attribuibili a una cattiva lettura di Anselmo. Gilbert arriva persino a parlare di interpretazioni caricaturali: «Simili caricature sono state tramandate da una scolastica poco scrupolosa nella conoscenza dei testi dei Padri; il rinnovamento patristico del nostro secolo però ha favorito una lettura più esatta e completa di sant’Anselmo» (11). Ciò che dice Gilbert è confermato dal fatto che il XX secolo ha assistito a una rinascita degli studi anselmiani, e due dei più grandi teologi cristiani del ‘900, Karl Barth e Hans Urs von Balthasar, si sono schierati decisamente a favore di una rivalutazione dell’opera del Doctor Magnificus (12). Albanesi, nell’esaminare la letteratura critica anselmiana del Novecento, identifica due modi fondamentali di rilettura e recupero del pensiero anselmiano, che rivelano altrettanti atteggiamenti di fondo: un atteggiamento di tipo storico, attento alle fonti e preoccupato soprattutto di stabilire cos’abbia detto realmente Anselmo e quale senso intendesse dare alle sue affermazioni; l’altro caratterizzato da finalità ermeneutiche, «che tenta – dice testualmente Albanesi – di svelare nuovi significati del dato originario, per riproporlo poi nell’oggi con un valore prolettico, ossia di anticipazione per avventure culturali inedite» (13). Albanesi colloca nella prima corrente T.-A. Audet, S. V. Rovighi, P. Gilbert e R. W. Southern; nella seconda pone K. Barth, H. U. von Balthasar e M. Corbin (14). Durante la seconda metà del XX secolo l’attenzione degli studiosi si concentra sul problema del metodo e sulla teologia della redenzione; si assiste, sotto la spinta di un ritorno alle fonti, a una vera e propria riscoperta del Cur Deus homo (15); la dottrina anselmiana della satisfactio viene riletta, approfondita e in non pochi casi rivalutata.

Marco Galloni

Note

1) N. ALBANESI, Cur Deus homo: la logica della redenzione. Studio sulla teoria della soddisfazione di S. Anselmo arcivescovo di Canterbury, Editrice Pontificia Università Gregoriana, Roma, 2002, p. 7.
2) Cfr. M. SERENTHÀ, La discussione più recente sulla teoria anselmiana della soddisfazione: attuale “status quaestionis”, in «La Scuola Cattolica», anno CVIII, luglio-ottobre 1980, p. 365.  
3) J. RATZINGER, Introduzione al cristianesimo (titolo originale: Einführung in das Christentum. Vorlesungen über das Apostolische Glaubensbekenntnis, Kösel-Verlag, München, 1968), trad. it., Queriniana, Brescia, 1971, p. 185.
4) Cfr. R. NARDIN, Incarnazione e redenzione in Anselmo d’Aosta, in «Benedictina», 56/1 (2009), p. 43.
5) G. DEIANA, Dai sacrifici dell’Antico Testamento al sacrificio di Cristo, Urbaniana University Press, Roma, 2006, p. 107.
6) Ivi, p. 108.
7) Cfr. R. NARDIN in La teologia del XX secolo: prospettive sistematiche, a cura di G. CANOBBIO e P. CODA, Città Nuova Editrice, Roma, 2003, p. 64.
8) P. GILBERT in A. D’AOSTA, La Verità – De Veritate, introduzione, traduzione e note a cura di P. PALMERI, presentazione di P. GILBERT sj, Officina di Studi Medievali, Palermo, 2006, p. XI.
9) N. ALBANESI, op. cit., p. 13.
10) Ivi, p. 25.
11) P. GILBERT, Il congresso anselmiano di Aosta, in «La Civiltà Cattolica» 139, III, Roma, 1988, pp. 489 - 490.
12) N. ALBANESI, op. cit., p. 8.
13) Ibidem.
14) Ivi, pp. 8 - 9.
15) Ivi, p. 37.

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Letto 3264 volte Ultima modifica il Mercoledì, 30 Dicembre 2020 11:01
Fausto Ferrari

Religioso Marista
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